Se esistono limiti, e ciò è facilmente verificabile, è altrettanto vero che sempre esiste un oltre, che da quel limite nasce. Il limite è infatti un confine, ma allo stesso tempo una soglia che spalanca la nostra percezione su altri mondi. Le Marche sono la terra di Leopardi, il Poeta che con immensa sensibilità ha indagato il rapporto tra limite e infinito. Le sue parole scorrono nel nostro sangue, ricordandoci che l’Infinito si nasconde sempre dietro un limite fisico, psicologico, visivo. Pensate alla celeberrima siepe del colle dell’Infinito e agli “interminati spazi di là da quella”. Grazie a quella siepe, Leopardi ha guardato oltre, scrivendo uno degli idilli più toccanti della storia della poesia. “Se lei fosse stato Leopardi” ha detto Della Marianna a un critico neorealista “anziché scrivere l’Infinito, avrebbe descritto la siepe”. E allora non limitiamoci, coltiviamo lo sguardo dell’animo, esercitiamoci anche noi a guardare oltre, consapevoli che il rapporto coi limiti, a cominciare dai propri, è la chiave di volta verso l’infinito. In fondo anche a questo serve l’arte, a creare coscienza, a interrogare l’uomo e la natura, a ravvivare il pensiero e il sentimento. Questa mostra, oltre che un’indagine sui limiti, sempre così in relazione con un oltre, è una riflessione strutturata su ciò che si nasconde dietro la siepe; un tentativo di indagare lo stupore che ne scaturisce. Mi sono posto il limite di 8 artisti, otto mi sembrava il numero perfetto.
8 è il simbolo dell’infinito e mi piaceva l’idea di misurarmi con il concetto di limite partendo dal segno grafico capovolto dell’Infinito. Dopo di che, seduto sul divano di casa mia, dopo aver fissato per qualche minuto la parete, ho chiuso gli occhi e ho cominciato a immaginare. Mi sono apparsi lo splendido infinito luminoso di Giulio Perfetti e le cassette di legno di Silvio Craia, che da sessant’anni il limite lo supera attraverso il gesto artistico. Ho pensato a Cagliostro, che indaga i limiti del ferro, lo manipola fino a tirarne fuori la vita. Ho pensato a Wiliam Medori, nelle cui opere convivono senza limiti il gesso, il cemento, la carta, la plastica. Mi è apparso Newman, l’artista che arriva dai confini del mondo per ricordarci che il nostro insuperabile limite è l’incapacità di amare e di convivere pacificamente tra simili. Ho pensato a Pina Fiori, che spesso ha forzato i limiti fisici del quadro, trasfigurandolo in installazione. Mi sono apparsi i mondi magici e sinestetici di Donatella Fogante, in cui l’immaginazione non ha limiti. E infine mi è apparso il lavoro raffinato e trasparente di Clarissa Baldassarri, che con toccante delicatezza indaga il limite tra creazione e distruzione. Mi sono apparsi tanti altri artisti e artiste a dire la verità, ma ero arrivato a 8 e con i limiti non si scherza, perché i limiti vanno rispettati. Lo spazio degli Antichi Forni, così raccolto e carico di limiti espositivi, avrebbe dialogato con l’opera di questi 8 artisti, dando forma agli Infiniti Limiti. All’ultimo, forse per trasgredire il limite di 8 appena posto, ho deciso di salire ancora più in alto sulla scala della creatività, in un attacco di vertigini ho coinvolto anche Tomas e Giuliana Guazzaroni, per scandagliare il rapporto tra mondo reale e mondo virtuale, tra arte e realtà aumentata. E ad allestimento ormai compiuto tutti insieme abbiamo riflettuto sul grande paradosso del fare artistico: l’opera è il tentativo ultimo di dare una forma e quindi un limite all’infinito, ben sapendo che ciò che viene definito in una forma in qualche modo muore. Ci penserà il fruitore a ravvivare la mostra, col suo sguardo attento e sensibile; consapevole che l’Infinito può nascondersi dietro una siepe, figuriamoci dentro un’opera d’arte.
David Miliozzi